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GIURISPRUDENZA
- CASSAZIONE - DIRITTO SPORTIVO
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In
questa sezione una rassegna di giurisprudenza inerente
al Diritto dello Sport.
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ILLECITO
SPORTIVO E DOPING - GIURISPRUDENZA
Illecito Sportivo
- NORME ANTIDOPING e TRATTATO CE
- Trib. I grado CE, sez. IV, 30.9.2004 (causa T 313/02)
“(Omissis) Sulla natura delle regole antidoping controverse.
44.
E’ necessario osservare che, benché sia certamente vero
che lo sport di alto livello è divenuto in larga misura
un’attività economica, rimane nondimeno il fatto che la
lotta antidoping non persegue alcun obiettivo economico.
Infatti, la lotta antidoping è intesa a preservare in primo
luogo, lo spirito sportivo (il fair play) senza il quale
lo sport, praticato tanto a livello dilettantistico quanto
professionale, non è più sport. Questo obiettivo, puramente
sociale, giustifica da solo la lotta antidoping. In secondo
luogo, dato che i prodotti dopanti non sono privi di effetti
fisiologici negativi, tale lotta mira a salvaguardare la
salute degli atleti. Pertanto, il divieto di doping, in
quanto espressione particolare del principio del fair play,
rientra tra le prime regole del gioco sportivo. 45. Occorre
sottolineare, del resto, che l’attività sportiva è nella
sua essenza un’attività gratuita, non economica, e questo
anche quando l’atleta la pratichi in un contesto professionale.
In altre parole, il divieto di doping e i regolamenti antidoping
riguardano esclusivamente, anche quando l’attività sportiva
è compiuta da un professionista, una dimensione non economica
di detta attività che ne costituisce l’essenza stessa. 46
Simili considerazioni trovano eco nel Piano di sostegno
comunitario alla lotta contro il doping nello sport 1° dicembre
1999 [.....], secondo cui il doping ‘simbolizza l’antinomia
dello sport e dei valori che ha tradizionalmente rappresentato’,
nel Documento di lavoro della Commissione 29 settembre 1998,
intitolato ‘Evoluzione e prospettive dell’azione comunitaria
nel settore dello sport’, che dichiara che ‘lo sport svolge
nella società un ruolo moralizzatore’ attraverso i ‘valori
associati al fair play, alla solidarietà, alla concorrenza
leale, allo spirito di squadra’ che esso porta con sé, e
nella relazione della Commissione al Consiglio europeo nell’ottica
della salvaguardia delle strutture sportive attuali e del
mantenimento della funzione sociale dello sport nel quadro
comunitario, 10 dicembre 1999 [.....], secondo cui ‘le regole
inerenti lo sport sono, in primo luogo, le regole del gioco
e l’oggetto di queste regole non è quello di falsare la
concorrenza’. 47 Tenuto conto di quanto precede, si deve
constatare che il divieto del doping si basa su considerazioni
puramente sportive ed è dunque estraneo a qualsiasi considerazione
economica. Simile constatazione comporta, alla luce della
giurisprudenza e delle considerazioni riportate nei precedenti
punti 37-42, che le regole della lotta antidoping, esattamente
come i regolamenti esaminati dalla Corte nelle sentenze
Walrave, Donà e Deliège, non possono rientrare nell’ambito
di applicazione delle disposizioni del Trattato sulle libertà
economiche e, in particolare, degli art. 49 CE, 81 CE ed
82 CE. Le regole antidoping, infatti, sono intimamente legate
allo sport in quanto tale. 48. Nella fattispecie in esame,
il tribunale giudica che la medesima soluzione si impone
con riferimento alla regolamentazione antidoping controversa.
49. Da un lato, infatti, è pacifico nel fascicolo che la
regolamentazione antidoping controversa non persegue alcuno
scopo discriminatorio. Al contrario, i ricorrenti non hanno
affatto addotto, in particolare, che la soglia di tolleranza
menzionata nel precedente punto 3 sarebbe applicata selettivamente
ad alcuni atleti o categorie di atleti per escluderli dalle
competizioni. Qualora si riscontrasse una simile discriminazione,
la restrizione del campo di applicazione delle disposizioni
del Trattato sulle libertà economiche, riconosciuta dalla
Corte per quanto riguarda i regolamenti puramente sportivi
[.....] non potrebbe, evidentemente, essere applicata con
riferimento ai regolamenti in causa. Infatti, simile restrizione
non sarebbe in tal caso limitata al suo oggetto specifico,
che è la salvaguardia della ‘nobile emulazione e degli altri
ideali sportivi’ [.....]. Simili regolamenti non esulerebbero
dunque dall’ambito di applicazione delle disposizioni del
Trattato sulle libertà economiche e potrebbe sussistere
una violazione di dette libertà, violazione che spetterebbe
alla Commissione constatare e sanzionare nell’ambito di
un procedimento di applicazione degli art. 81 CE ed 82 CE,
qualora i regolamenti in causa comportassero eventuali inottemperanze
alle norme sulla concorrenza. 50. D’altra parte, il tribunale
giudica che gli argomenti attraverso i quali i ricorrenti
tentano, sotto due angolazioni diverse, di porre nuovamente
in discussione la natura puramente sportiva della regolamentazione
antidoping controversa non risultano efficaci. 51. Sotto
un primo punto di vista, i ricorrenti sostengono che la
regolamentazione antidoping controversa pregiudica le loro
libertà economiche perchè comporta nei loro confronti determinate
ripercussioni economiche. 52. Simile ragionamento, che equivale
a sostenere che una regolamentazione non può essere puramente
sportiva se comporta ripercussioni economiche, è in contraddizione
con la giurisprudenza della Corte. 53. Infatti, è esattamente
perchè, in primo luogo, una regolamentazione sportiva ha
ripercussioni economiche nei confronti degli sportivi professionisti
e perchè, in secondo luogo, tale regolamentazione è giudicata
eccessiva da alcuni di detti sportivi, che nascono controversie
e si pone la questione di stabilire se detta regolamentazione
abbia un carattere puramente sportivo (caso dei regolamenti
che hanno dato occasione alle sentenze Walrave, Deliège
e Donà) o se essa si riferisca all’attività sportiva nella
sua dimensione economica (caso dei regolamenti che hanno
dato occasione alle sentenze Bosman, Lehtonen e Kolpak).
54. Sempre secondo la prima angolazione, i ricorrenti hanno
sostenuto che è per il suo carattere asseritamente eccessivo
che la regolamentazione antidoping violerebbe le libertà
economiche degli atleti garantite dal Trattato. In altri
termini tale regolamentazione, tutto sommato non discriminatoria,
sarebbe divenuta, in quanto eccessiva e proprio a causa
di tale sua natura, diversa da una regolamentazione antidoping
e, pertanto, diversa da una regolamentazione puramente sportiva.
55. Questo ragionamento non può essere accolto, Infatti,
è pacifico che le regole controverse sono disposizioni antidoping
per loro stessa natura. In particolare, esse non perseguono
alcun obiettivo discriminatorio. Di conseguenza il carattere
asseritamente eccessivo di queste regole, anche se confermato,
non ha l’effetto di far loro perdere la natura di regole
puramente sportive e dunque di far dipendere la loro legittimità
da una valutazione secondo i criteri economici del diritto
della concorrenza, fintantoché esse restano limitate al
loro oggetto specifico che è la lotta contro il doping e
la salvaguardia dello spirito sportivo. Del resto, i ricorrenti
stessi ammettono la legittimità del perseguimento di questo
obiettivo. 56. Sotto una seconda angolazione, i ricorrenti
sostengono nel ricorso che la regolamentazione antidoping
controversa non sarebbe basata soltanto su considerazioni
altruistiche e mediche, ma anche su considerazioni economiche
proprie del CIO e sarebbe, in particolare motivata dalla
preoccupazione, in linea di principio legittima, di non
vedere il potenziale economico dei Giochi olimpici diminuito
dagli scandali legati al doping. Questa allegazione deve
essere respinta se e in quanto mira a suggerire che il regolamento
antidoping controverso non sarebbe una regolamentazione
puramente sportiva. 57. Infatti, la circostanza che il CIO
abbia potuto aver presente la preoccupazione, legittima
secondo i ricorrenti stessi, di preservare il potenziale
economico dei giochi olimpici in occasione della fissazione
della regolamentazione antidoping controversa non comporta,
di per sé, la conseguenza di non dover riconoscere a tali
regole una natura puramente sportiva. 58. Inoltr4e, anche
qualora fosse dimostrato, cosa che non avviene nella fattispecie,
che il CIO abbia agito in funzione dei suoi soli interessi
economici, si dovrebbe ben ritenere che esso abbia adottato
come soglia di tolleranza quella meglio giustificata sul
piano scientifico. Infatti, si deve rilevare che l’interesse
economico del CIO è quello di avere la regolamentazione
antidoping più esatta scientificamente, allo scopo di assicurare
il miglior livello delle competizioni sportive, e dunque
di interesse mediatico, e contemporaneamente di evitare
gli scandali che l’esclusione sistematica di atleti incolpevoli
potrebbe provocare. 59. Ne deriva che l’allegazione dei
ricorrenti, dedotta dal fatto che la fissazione di una soglia
di tolleranza asseritamente troppo bassa andrebbe incontro
agli interessi economici del CIO, non è né efficace né convincente
e deve essere respinta. 60. Per quanto riguarda la decisione
impugnata, il tribunale osserva che la conclusione cui perviene
la Commissione al punto 72 di detta decisione, secondo cui
‘le regole e le prassi in causa non ricadono nell’ambito
di applicazione del divieto sancito dagli art 81 CE ed 82
CE, è corretta. 61. Per pervenire a questa conclusione,
la Commissione, dopo aver precisato, al punto 40 della decisione
impugnata, che la valutazione della compatibilità delle
regole antidoping controverse con l’art. 81 CE implica un
esame inteso a stabilire se, nel contesto giuridico ed economico
in cui esse sono applicate, il loro oggetto o il loro effetto
sia quello di restringere la concorrenza, ha subito osservato
che queste norme non hanno lo scopo di restringere la concorrenza.
Si tratta, secondo la Commissione, di strumenti destinati
esclusivamente a combattere il doping, che hanno l’unico
scopo di assicurare l’identificazione e la punizione degli
atleti che, con i loro comportamenti, contravvengono agli
obblighi cui sono soggetti con riferimento all’uso di sostanze
proibite ed all’utilizzo di metodi vietati (punto 41 della
decisione impugnata). Quanto agli effetti sulla concorrenza,
la Commissione ha giudicato che è possibile che le regole
antidoping controverse abbiano per effetto di limitare la
libertà d’azione dell’atleta, ma anche che una tale limitazione
non è necessariamente una restrizione della concorrenza
ai sensi dell’art. 81 CE, poiché essa può essere inerente
all’organizzazione ed al corretto svolgimento delle competizioni
sportive (punto 42 della decisione impugnata). Nel prosieguo
della decisone impugnata, la Commissione, basandosi su di
un’analisi fondata sulla sentenza Wouters, perviene alla
conclusione che le regole antidoping controverse sono essenzialmente
legate al corretto svolgimento delle competizioni sportive,
che esse sono necessarie per lottare efficacemente contro
il doping e che la limitazione della libertà d’azione degli
atleti non va oltre quanto è necessario per raggiungere
questo obiettivo. Ne deriva che, secondo la Commissione,
esse non ricadono nell’ambito di applicazione del divieto
previsto dall’art. 81 CE. (Omissis)”
Fonte : IlNuovoDirittoSportivo
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