| 
             
                
                
                
                 
                 
               
               
              
                 
                    
                    : Nozioni 
                    : Pubblicazioni ;  
                    Riflessioni sui provvedimenti disciplinari della  
                    giustizia sportiva  | 
                 
                 
                   
                     
                    Pubblicato da : Avv. Sabrina Rondinelli  
                    Data ; 18 / 02 / 2010 
                     
                       
                    Lo scandalo del calcio:  
                    ... [ Continua da  
                    pagina 2 ] 
                     
                    Non sono soggette a procedimento di conciliazione o arbitrato 
                    le controversie decise con lodo arbitrale in applicazione 
                    delle clausole compromissorie previste dagli accordi collettivi 
                    o di categoria e , fermo restando il tentativo obbligatorio 
                    di conciliazione ai sensi dell'art.12 dello Statuto C.O.N.I, 
                    non sono soggette a procedimento di arbitrato le controversie 
                    di natura tecnico disciplinare decise in via definitiva dagli 
                    organi di giustizia federali relative ad omologazioni di risultati 
                    sportivi o che abbiano dato luogo a sanzioni soltanto pecuniarie, 
                    ovvero a sanzioni comportanti: a)la squalifica o inibizione 
                    di tesserati, anche se in aggiunta a sanzioni pecuniarie, 
                    inferiore a 120 giorni; b) la squalifica del campo; c) penalizzazioni 
                    di classifica". Consegue che, ai fini della proponibilità 
                    di azione ordinaria, sia indispensabile (come condizione dell'azione) 
                    l'esperimento di un ulteriore grado di giustizia sportiva, 
                    prima di poter devolvere la questione al G.O., sottoponendola 
                    ad un altro organismo del CONI, la Camera di Conciliazione 
                    e Arbitrato. Sul punto, però, almeno limitatamente alle società 
                    sportive, si ritiene si debba escludere la possibilità di 
                    investire della questione la Camera di Conciliazione presso 
                    il Coni con l'impugnazione della decisione della Caf e ciò 
                    poiché esse sono state colpite con la sanzione della penalizzazione 
                    di classifica. Comunque, si ritiene di dover escludere con 
                    sufficiente certezza il ricorso alla Camera di Conciliazione 
                    del Coni non solo per le società calcistiche (per le anzidette 
                    ragioni) ma anche per tutti gli altri soggetti destinatari 
                    delle sanzioni (dirigenti sportivi) posto che l'art.12, comma 
                    sesto dello Statuto del Coni stabilisce che "restano escluse 
                    dalla competenza della Camera tutte le controversie tra soggetti 
                    affiliati, tesserati o licenziati per le quali siano istituiti 
                    procedimenti arbitrali nell'ambito delle Federazioni sportive 
                    nazionali". Infatti, i provvedimenti disciplinari della Commissione 
                    di Primo Grado e della Commissione d'Appello federale sono, 
                    per quanto meglio infra si dirà, provvedimenti arbitrali (irritali). 
                    b) Altro profilo che deve essere esaminato riguarda i limiti 
                    del petitum e la causa pretendi dell'azione rivolta al Giudice 
                    Ordinario. Sul punto, si è gia detto come gli statuti federali 
                    contengano delle clausole statutarie in forza delle quali 
                    vengono devolute le controversie in materia sportiva agli 
                    organi federali. Dette clausole devono annoverarsi nelle ipotesi 
                    di arbitrato irrituale. Sul punto, infatti, la giurisprudenza 
                    ha affermato il principio secondo cui "la clausola contenuta 
                    negli statuti delle federazioni sportive, in virtù delle quali 
                    i tesserati si obbligano a devolvere le controversie in materia 
                    sportiva agli organi federali, costituisce una ipotesi di 
                    arbitrato irrituale." (Cassazione Civile, sezione prima, 28 
                    settembre 2005, n.18919). Peraltro, la Suprema Corte di Cassazione 
                    ha osservato che "l'art.24 (oggi sostituito dall'art. 27 del 
                    vigente Statuto Federale) dello statuto dell Federazione Italiana 
                    Giuoco Calcio (associazione con personalità giuridica di diritto 
                    privato), il quale prevede l'impegno di tutti coloro che operano 
                    all'interno della Federazione ad accettare la piena e definitiva 
                    efficacia di tutti i provvedimento generali e di tutte le 
                    decisioni particolari adottati dalla stessa F.I.G.C, dai suoi 
                    organi e soggetti delegati, nelle materie comunque attinenti 
                    all'attività sportiva e nelle relative vertenze di carattere 
                    tecnico, disciplinare ed economico, impegno dal quale è desumibile 
                    un divieto, salva specifica approvazione, di devolvere le 
                    relative controversie all'autorità giudiziaria statuale, integra 
                    una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, fondata, 
                    come tale, sul consenso delle parti, le quali, aderendo in 
                    piena autonomia agli statuti federali, accettano anche la 
                    soggezione agli organi interni di giustizia. Siffatto vincolo, 
                    cui l'affiliazione delle società e degli sportivi alle diverse 
                    federazioni comporta volontaria adesione, ripete, altresì, 
                    la propria legittimità da una fonte legislativa per effetto 
                    delle disposizioni del d.l. 220 del 2003, convertito, con 
                    modificazioni, nella legge n.280 del 2003, che, all'art.2, 
                    comma 2, prevede l'onere di adire gli organi della giustizia 
                    sportiva nelle materie di esclusiva competenza dell'ordinamento 
                    sportivo, che sono, a mente del comma 1 dello stesso art.2, 
                    quelle aventi ad oggetto l'osservanza e l'applicazione delle 
                    norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento 
                    sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire 
                    il corretto svolgimento delle attività sportive ed agonistiche, 
                    nonché i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e 
                    l'irrogazione delle relative sanzioni; mentre subordina, come 
                    è desumibile dalla formulazione dell'art.3, comma 1, al previo 
                    esaurimento dei gradi della giustizia sportiva anche il ricorso 
                    a quella statuale nelle materie ad essa riservate" (Cassazione 
                    Civile, sezione I, 28 settembre 2005, n.18919). Inoltre il 
                    lodo arbitrale emesso dalla Caf (ovvero successivamente quello 
                    della Camera di Conciliazione arbitrale, ove si decidesse 
                    di investirla della questione, prima del GO) potrebbe essere 
                    annullato dal Tribunale territorialmente competente (ex art.808 
                    ter c.p.c): 1) se la convenzione dell'arbitrato è invalida, 
                    o gli arbitri hanno pronunciato su conclusioni che esorbitano 
                    dai suoi limiti e la relativa eccezione è stata sollevata 
                    nel procedimento arbitrale 2) se gli arbitri non sono stati 
                    nominati con le forme e nei modi stabiliti dalla convenzione 
                    arbitrale; 3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva 
                    essere nominato arbitro a norma dell'articolo 812; 4) se gli 
                    arbitri non si sono attenuti alle regole imposte dalle parti 
                    come condizione di validità del lodo; 5) se non è stato osservato 
                    nel procedimento arbitrale il principio del contradditorio. 
                    Al lodo contrattuale non si applica l'art 825". Sul punto, 
                    si rammenta che troveranno applicazione al caso di specie 
                    le nuove disposizioni in materia di arbitrato introdotte del 
                    decreto legislativo 2 febbraio 2006, n.40. 6) L'ultimo profilo 
                    investe la questione riguardante la possibilità di richiedere 
                    misure cautelari in attesa che il Giudice Ordinario giunga 
                    alla propria decisione nel merito; domanda cui deve darsi 
                    risposta positiva. Infatti, si versa in una ipotesi di arbitrato 
                    irrituale, il cui lodo finale è costituito da un contratto, 
                    concluso dagli arbitri in forza di un mandato che essi hanno 
                    ricevuto dalle parti al fine di trovare un accordo per la 
                    risoluzione della controversia. Consegue che, avverso le misure 
                    disposte con le statuizioni della Commissione d'Appello Federale, 
                    deve ritenersi possano essere richieste misure di tutela ante-causam, 
                    poiché quanto il Giudice Ordinario (nella fase cautelare) 
                    dovrà conoscere rientra nella sua giurisdizione ordinaria, 
                    per le anzidette ragioni. Detta misura deve essere finalizzata 
                    a garantire la tutela e la conservazione dei diritti della 
                    società (permanendo in serie A), nella situazione quo ante, 
                    in dipendenza della sospensione delle decisioni CAF, provvedimento 
                    da richiedere sussistendone i requisiti del danno grave e 
                    irreparabile e del fumus boni iuris. Il ricorso cautelare, 
                    infatti, si inserisce quale attività processuale prodromica 
                    all'azione di annullamento delle decisioni della CAF e alla 
                    contestuale domanda risarcitoria nei confronti di essa, per 
                    effetto dell'ingiusto, quanto devastante, pregiudizio che 
                    subiscono tutte quelle società per effetto di decisioni del 
                    tutto erronee sotto ogni profilo, sia sostanziale, quale violazione 
                    del mandato da parte degli organi di giustizia sportiva (per 
                    detto profilo si rinvia anche a quanto si dirà circa la violazione 
                    del diritto comunitario), sia processuale, per evidente violazione 
                    del piu elementare principio del diritto alla difesa, in relazione 
                    all'inesistenza di una contestazione formale delle violazioni 
                    imputate alla società e per l'inesistenza dell'osservanza 
                    dei piu elementari principi della individuazione degli elementi 
                    di responsabilità facenti carico alla società. La tutela cautelare 
                    delle posizioni giuridiche della società, nelle more dell'instaurando 
                    giudizio di impugnativa del lodo, dovrebbe essere proposta 
                    con ricorso ex art.700 c.p.c, avente quale petitum l'annullamento 
                    di tutte le decisioni CAF e quale causa pretendi la sussistenza 
                    delle violazioni dei motivi di impugnativa di cui all'art. 
                    808 ter c.p.c Sul piano processuale, rimane da definire quali 
                    potrebbero essere le doglianze che potrebbero essere fatte 
                    valere. Esse sarebbero da ricercare negli errori fondamentali 
                    del lodo e delle precedenti decisioni, cui esso si riferisce, 
                    da individuare attraverso l'analisi delle motivazioni di tutte 
                    le decisioni per coglierne le violazioni previste dal citato 
                    art.808 ter c.p.c e, cosa ancor piu macroscopica e rilevante, 
                    la totale violazione delle norme comunitarie. Ma di ciò a 
                    breve si dirà. L'errore fondamentale che è dato cogliere dalle 
                    notizie diffuse dalla stampa consiste nella totale assenza 
                    di prova dell'effettiva alterazione dei risultati delle partite 
                    incriminate, prova che i giudici CAF hanno meramente presunto 
                    dal contenuto delle numerosissime intercettazioni telefoniche, 
                    senza però farsi carico della sia pur minima esigenza di una 
                    verifica dell'incidenza effettiva, in concreto, dei fatti 
                    addebitati alla società quali illeciti, per cui la conclusione 
                    cui deve pervenirsi, avuto riguardo alle motivazioni delle 
                    decisioni di condanna della società alla retrocessione, sono 
                    di un giudizio privo del minimo senso della logica e della 
                    ragionevolezza, a prescindere dalla esigenza dell'applicazione 
                    del principio della prova in senso processuale, poiché in 
                    tal caso le decisioni sarebbero in modo grave e colpevole 
                    fortemente prive del rispetto della norma processuale. Ciò 
                    che si contesta alle decisioni della CAF è la violazione, 
                    come gia detto, della mera applicazione del principio e di 
                    responsabilità, sia pure di natura sportiva, che trova la 
                    fondamentale censura di illegalità nel totale arbitrio del 
                    giudizio degli organi federali. Peraltro, appare quanto mai 
                    sconcertante che alcuni giudici della Caf abbiano dichiarato 
                    che la decisione è stata presa sulla spinta emotiva delle 
                    richieste del mondo sportivo; notizia che se confermata costituirebbe 
                    di per sé motivo di nullità delle decisioni. Altro delicato 
                    problema che si pone, poi, è quello della responsabilità oggettiva. 
                    Infatti, ci si deve porre il dubbio della correttezza di un 
                    sistema di imputazione della responsabilità tale per cui si 
                    ritengono responsabili i club sportivi (proprietari, consigli 
                    di amministrazione) per azioni e condotte che siano state 
                    assunte, magari, a titolo personale e senza coinvolgimento 
                    alcuno della società da parte dei propri dipendenti. E, anche 
                    ove si volesse ritenere corretto detto sistema, resta il dubbio 
                    se sia corretta e giustificata (o quanto meno giustificabile) 
                    l'applicazione di una dura sanzione nei confronti dei club, 
                    nonostante la responsabilità dei fatti sia esclusivamente 
                    imputabile ai propri dipendenti, per i quali peraltro l'ordinamento 
                    sportivo prevede un altro regime sanzionatorio, mirato a colpire 
                    gli effettivi responsabili degli illeciti sportivi contestati. 
                    E da ultimo, ove pure si volesse ritenere legittima l'applicazione 
                    della doppia sanzione di cui si è detto, non poche perplessità 
                    sorgono sul tenore eccessivo della sanzione della retrocessione 
                    applicata nei confronti di talune società. Infatti, la retrocessione 
                    in serie B potrebbe determinare (se non sia già determinato 
                    dalla sola prevedibilità ma non certezza di detta retrocessione) 
                    la bancarotta o quanto meno un ingentissimo danno economico 
                    per la società calcistica, quantificabile in centinaia di 
                    milioni di euro. D'altro canto, è gia sotto gli occhi di tutti 
                    come il timore dell'applicazione nei propri confronti di detta 
                    grave sanzione ha costretto talune squadre a svendere la propria 
                    rosa di calciatori, poiché le retrocessioni in B non avrebbe 
                    garantito alla società introiti tali da proseguire nel pagamento 
                    degli ingaggi concordati con i giocatori, secondo contratto. 
                    4) Sanzioni disciplinari CAF e aspetti comunitari Un ultimo 
                    profilo della vicenda merita di essere, seppure brevemente, 
                    sollevato e riguarda la verifica della conformità delle norme 
                    dell'ordinamento sportivo al diritto comunitario, posto che, 
                    ove le prime fossero ritenute contrarie ai principi comunitari, 
                    dovrebbero essere disapplicate dal Giudice cui tutela fosse 
                    chiesta; con ogni conseguente effetto sulla validità ed efficacia 
                    delle decisioni assunte dagli Organi di Giustizia Federale. 
                    Seppure la questione possa apparire, prima facie, incoerente 
                    rispetto a ciò che è oggetto di esame e approfondimento in 
                    queste riflessioni (tutela giurisdizionale sportiva ovvero 
                    ordinaria e profili processuali) in realtà essa è assai rilevante 
                    ove si consideri la stridente contrarietà della disciplina 
                    statutaria e regolamentare in materia di giustizia sportiva 
                    della FIGC anche riguardo alle sanzioni previste e applicate 
                    a società operanti nel mercato, rispetto alle norme comunitarie. 
                    Tutto ciò riverbera i propri effetti sulla decisione federale, 
                    determinandone la nullità e/o inefficacia. Sul punto, è illuminante 
                    la sentenza del Tribunale di Primo Grado della Comunità Europea 
                    (Quarta sezione) del 30 settembre 2004 del 30 settembre 2004 
                    (in causa T 313/02 Meca- Majcen). La vicenda sottoposta all'esame 
                    del Giudice Comunitario riguardava la denunciata illegalità 
                    di certe norme antidoping del CIO (Comitato Internazionale 
                    Olimpico), per aver violato le norme del diritto comunitario 
                    in materia di concorrenza. Sul punto, nella parte motiva della 
                    sentenza, al capitolo 42, si legge che "la circostanza che 
                    un regolamento puramente sportivo sia estraneo all'attività 
                    economica, con la conseguenza che, secondo la Corte, esso 
                    non ricade nell'ambito di applicazione degli artt.39 CE e 
                    49 CE, significa, parimenti, che esso è estraneo ai rapporti 
                    economici che interessano la concorrenza, con la conseguenza 
                    che esso non ricade nemmeno nell'ambito di applicazione degli 
                    art.81 CE ed 82 CE. Per contro, una normativa che, sebbene 
                    adottata nell'ambito dello sport, non sia puramente sportiva, 
                    ma riguardi l'aspetto economico che l'attività sportiva può 
                    rivestire, ricade nel campo di applicazione delle disposizioni 
                    tanto degli artt.39 e 49 CE che degli articoli 81 CE ed 82 
                    ce e può, eventualmente, recare pregiudizio alle libertà garantite 
                    da tali disposizioni, ed essere oggetto della procedura di 
                    applicazione degli artt.81 CE ed 82 CE". Ove quindi, la disciplina 
                    normativa dell'ordinamento sportivo sia inerente all'organizzazione 
                    ed al corretto svolgimento della competizione sportiva limitando 
                    in esso ordinamento i suoi effetti, essa non può essere considerata 
                    costitutiva di una restrizione delle norme comunitarie sulla 
                    libera circolazione dei lavoratori e sulla libera prestazione 
                    dei servizi, rimanendo ad essa pertanto indifferente. Ove 
                    però detti limiti fossero superati, incidendo negativamente 
                    la normazione sportiva prevedendo effetti che incidono sulla 
                    libertà di concorrenza e tutela delle imprese nel mercato, 
                    in simili evenienze detta disciplina recede a vantaggio del 
                    diritto comunitario. Cosi, il principio affermato dal Tribunale 
                    Comunitario nella sentenza Meca-Majen impone una riflessione 
                    sulle norme che oggi regolano il funzionamento della giustizia 
                    sportiva e in applicazione delle quali si è giunti ai ben 
                    noti pronunciamenti sul caso calciopoli, posto che è da dette 
                    norme che discendono i poteri sanzionati dalla Giustizia Sportiva 
                    i quali, come nella specie è avvenuto, possono avere ricadute 
                    nel campo di applicazione del diritto comunitario alla concorrenza 
                    e che devono, quindi, nel rispetto dei principi sopranazionali, 
                    imperativamente essere proporzionati agli obiettivi sportivi 
                    che si prefiggono (lotta agli illeciti sportivi) e non costituire 
                    un sistema di punizione esemplare, espressione di una volontà 
                    popolare di linciaggio di taluni soggetti del sistema, come 
                    timidamente affermato e sostenuto da taluni. Non solo allora 
                    i limiti della già detta (in)sufficienza delle prove acquisite 
                    agli atti in ordine alla dimostrazione dei fatti contestati 
                    e della (in)sufficienza e approfondimento delle indagini svolte 
                    dalla procura Federale ma ancor piu le stesse sanzioni applicabili 
                    debbono punire gli individui che si fossero macchiati di illeciti 
                    sportivi ove dimostrati, ma non già, come è avvenuto, espellere 
                    dal mercato una società costringendola a non potere beneficiare 
                    degli utili di impresa cui ha diritto. L'ordinamento Comunitario, 
                    invero, impone che quella sanzione possa essere data solo 
                    dal mercato e non già da un soggetto che, peraltro, e qui 
                    il paradosso diventa preoccupante, è lì posto a decidere per 
                    nomina dello Stato ma dello stesso Organismo di confederati 
                    (e quindi delle società concorrenti). La sentenza comunitaria 
                    citata, poi, supera pure l'eventuale obiezione della validità 
                    contrattuale dell'ordinamento sportivo in quanto in nessun 
                    caso può darsi, in applicazione di esso, il fondamento legittimo, 
                    a discapito del diritto comunitario, della estromissione dal 
                    libero mercato di una società di capitali). CONCLUSIONI L'epilogo 
                    delle vicende di calciopoli solleva un forte dubbio sulla 
                    liceità e moderazione nell'esercizio dei poteri di giustizia 
                    disciplinare sportiva da parte degli Organi Federali, forse 
                    sotto la spinta di un sentimento nazional popolare che ha 
                    in qualche modo voluto (preteso) provvedimenti esemplari nei 
                    confronti di talune potenze sportive. Ora, però, queste autorità 
                    rischiano di vedersi invalidare la loro decisione dai Tribunali 
                    Ordinari, con il possibile e prevedibile risultato che la 
                    Federazione potrebbe dover rifondere ai club i danni economici 
                    e sportivi loro procurati.  
                     
                    [ Continua 
                    a pagina 4 ]  | 
                 
               
              
             | 
             
              
                 
                    | 
                 
                 
                  | Ricerca 
                    Diritto Online | 
                 
                 
                  |  
                    
                    
                   | 
                 
               
               
              
                 
                    | 
                 
                 
                  | Consigli 
                    e Spot | 
                 
                 
                  |  
                      
                      
                     
                   | 
                 
               
               
              
                 
                    | 
                 
                 
                  | Spot 
                    e Sponsor Diritto Sport | 
                 
                 
                  |  
                      
                      
                      
                       
                   | 
                 
               
             |